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SI FA PRESTO A DIRE
BONUS
di
Massimo
Baldini e
Simone
Pellegrino (10.12.2008)
Social card e bonus sembrano ben centrati a favore delle famiglie più
povere. Le due misure consentono di ridurre la disuguaglianza in modo
apprezzabile: l'indice di Gini del reddito disponibile familiare equivalente
passa da 30,99 a 30,59. Ed è il Sud a trarne maggior beneficio. Il bonus
appare però come una inutile e temporanea duplicazione dell'assegno al
nucleo familiare. Mentre la social card da sola non può essere una adeguata
forma di contrasto alle povertà più gravi. La risposta migliore resta il
reddito minimo di inserimento.
Il decreto legge 185 approvato dal governo lo scorso 29 novembre
prevede alcune misure temporanee, limitate al 2009, pensate per
favorire prevalentemente le famiglie più povere. Lo
strumento prescelto è quello del trasferimento monetario: a meno di
passare all’imposta negativa, per aiutare effettivamente i più poveri,
non si può infatti agire sulle detrazioni o deduzioni Irpef a causa
del numero considerevole di contribuenti già incapienti,
circa il 29 per cento.
Il bonus è il principale strumento scelto per sostenere i redditi
delle famiglie. La social card, invece era già stata decisa con la
“Finanziaria di giugno”, ma è stata realizzata solo ora; per questo,
pur non essendo stata pensata per fronteggiare la crisi economica, va
considerata unitamente al bonus. Vediamo quali sono gli effetti
distributivi delle due misure.
SOCIAL CARD E BONUS
La social card è un buono utilizzabile per
acquisti presso negozi convenzionati e per il pagamento delle bollette
della luce e del gas. La discussione dei vari aspetti a favore e
contro un provvedimento di questo tipo richiederebbe un lungo
approfondimento. (1) Ci limitiamo qui a verificarne
l’impatto distributivo. L’importo della social card è pari a 40 euro
mensili, destinato ai cittadini a basso reddito con almeno 65 anni e
ai genitori di figli di età inferiore a 3 anni. Il requisito di
povertà è stringente: occorre essere cittadini italiani incapienti ai
fini dell’imposta personale e progressiva; avere un reddito
disponibile inferiore a 6mila euro se di età inferiore a 70 anni e a 8 mila se di età pari o superiore a 70; avere una sola autovettura;
avere l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee)
inferiore a 6mila euro; possedere solo l’abitazione di residenza o
poco più; essere titolare di un solo contratto per la fornitura di
ogni tipologia di utenze domestiche e possedere un patrimonio
mobiliare inferiore ai 15mila euro. Il costo da noi stimato per questo
provvedimento è di circa 489 milioni di euro. I
beneficiari sono potenzialmente 1,02 milioni, di cui 233mila bambini
di età inferiore ai 3 anni e 786mila pensionati di età pari o
superiore a 65 anni. Nelle simulazioni effettuate abbiamo assunto che
tutti i potenziali beneficiari ricevano in effetti il trasferimento.
Il bonus famiglia è invece un intervento transitorio,
eventualmente cumulabile con la social card, che prevede un
trasferimento di denaro, erogato in somma unica all’inizio del 2009,
variabile dai 200 ai 1000 euro a seconda del reddito complessivo Irpef
e della composizione del nucleo familiare. Il costo complessivo di
questo provvedimento è valutabile in 1,96 miliardi di
euro. Secondo i nostri calcoli, la misura interessa 6,45 milioni di
famiglie.
LA DISTRIBUZIONE DEI BENEFICI
Per valutare gli effetti delle due misure utilizziamo un modello di microsimulazione fiscale statico la cui base dati è l’Indagine sui
bilanci delle famiglie italiane effettuata dalla Banca d’Italia e
relativa al periodo d’imposta 2006. Tutti i dati monetari sono
rivalutati al 2008. Nel complesso, le misure si concentrano
significativamente sulle famiglie più povere, incrementandone il
reddito disponibile (tabella 1). (2)
Secondo le nostre stime, hanno diritto alla social card il 3,7 per
cento delle famiglie italiane. La riceve il 25,7 per cento delle
famiglie del primo decile, mentre la quota di
beneficiari è trascurabile a partire dal terzo. Il bonus è invece
percepito da circa una famiglia italiana su quattro, con percentuali
significative di beneficiari nei primi cinque decili della
distribuzione del reddito. Anche la ripartizione della spesa
complessiva per decili conferma che la social card è decisamente
concentrata sui primi due decili, mentre i benefici del bonus famiglie
sono più generalizzati, interessando tutta la prima metà della
distribuzione del reddito. La social card aumenta dell’8 per cento il
reddito disponibile delle famiglie del primo decile
che la ricevono, il bonus famiglie invece ha un effetto più modesto,
4,8 per cento. Considerato che il bonus famiglie ha un impatto
distributivo simile a quello dell’assegno al nucleo familiare, sarebbe
stato più efficiente, ma meno politicamente “visibile”, aumentare per
sei mesi l’importo dell’assegno familiare. Si sarebbero così evitati
significativi costi amministrativi per la compilazione della
dichiarazione, verifica, invio bonus, e così via, eccessivi per un
provvedimento una tantum.
I due benefici sono cumulabili: il 21,1 per cento
delle famiglie appartenenti al primo decile beneficiano sia della
social card sia del bonus famiglia. In particolare, il 43 per cento
dei nuclei familiari appartenenti al primo decile in cui sia presente
almeno un figlio di età inferiore ai 3 anni ricevono sia la social
card (una per ogni figlio piccolo), sia il bonus famiglia. Il 24 per
cento delle famiglie con figli a carico ai fini Irpef riceve almeno il
bonus famiglia.
Per quanto riguarda gli effetti territoriali, è il Sud
a trarre maggiore beneficio dagli interventi: il 54,2 per cento della
spesa totale è destinata proprio alle regioni meridionali, mentre il
Nord e il Centro beneficiano, rispettivamente, del 25,1 e del 20,7 per
cento (tabella 2). Al Meridione vanno i due terzi della spesa totale
per la carta prepagata. Infine, il 40 per cento delle famiglie del Sud
traggono beneficio da almeno uno dei due interventi , contro una media
nazionale del 28 per cento.
Complessivamente, le due misure consentono di ridurre la
disuguaglianza in modo apprezzabile: l’indice di Gini del
reddito disponibile familiare equivalente passa da 30,99 a 30,59. Non
è poco, considerando anche le risorse impiegate. Tuttavia, il
miglioramento in parte vale solo per il 2009, perché
dal 2010 dovrebbe essere garantito solo il beneficio derivante dalla
social card e solo nella misura in cui le risorse che affluiranno
sull’apposito Fondo per il finanziamento della “carta” risultino
sufficient). Sempre per il 2009, diminuisce anche il numero delle
famiglie povere: l’indice di diffusione della povertà, con linea posta
al 60 per cento del reddito mediano, passa dal 16,6 per cento al 15,9
per cento. Se invece consideriamo una definizione più severa della
povertà, con linea al 40 per cento, l’indice passa da 5,9 a 5,2 per
cento.
In conclusione, i due provvedimenti sembrano ben centrati a favore
delle famiglie più povere, soprattutto la social card. Il bonus
famiglie appare però come una inutile e temporanea duplicazione
dell’assegno al nucleo familiare: sarebbe stato meglio non introdurlo,
ma agire sull’assegno. Anche la social card ha sicuramente rilevanti
costi amministrativi, che qui non sono stati
considerati, ma che ne riducono l’impatto redistributivo. Anche se è
apprezzabile l’obiettivo di concentrarsi sui soggetti più poveri, è
comunque evidente che la social card non può da sola rappresentare una
adeguata forma di contrasto alle povertà più gravi. La risposta
migliore a questo problema resta l’introduzione di un reddito
minimo di inserimento, come già hanno fatto quasi tutti i
paesi europei.
(1) Si veda ad esempio l’articolo di C. Gori sulSole
24 Ore del 2 dicembre per una discussione più generale. Sui
voucher in generale, un utile riferimento è il volume Vouchers.
Presupposti, usi e abusi, di Luca Beltrametti, Il Mulino.
(2) Il reddito disponibile familiare è dato dalla
somma del reddito netto ai fini Irpef, degli assegni familiari, dei
redditi esenti, dei redditi netti soggetti a tassazione separata, dei
redditi netti derivanti dal capitale finanziario diminuita degli
interessi passivi pagati su mutui e debiti, dell’Irap (per i
lavoratori autonomi), dell’Ici e della Tarsu. Tale reddito disponibile
familiare è reso equivalente attraverso l’utilizzo di una scala di
equivalenza.
Tabella 1: Distribuzione dei benefici
per decile di reddito disponibile equivalente
Tabella 2: Distribuzione dei benefici per area geografica
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