PUBBLICITA' SCANDALO / LA VERA STORIA DELLA FOTO SULL'AIDS Nel nome del figlio Ecco
perché i genitori hanno deciso di cedere l'immagine del ragazzo morente |
"E' quello che lui
avrebbe voluto" si è detta lo scorso ottobre, quando ha saputo che
la Benetton voleva usare la foto di suo figlio morente per fare
pubblicità ai suoi maglioni. Ma prima di acconsentire si è riservata
una verifica personale. In autobus ha raggiunto Columbus, capitale
dell'Ohio dove vive, ed è entrata in uno di quei negozi d'abbigliamento
di cui non aveva mai sentito parlare. L'hanno convinta le foto appese al
muro: soprattutto quella del bambino nero che abbraccia una bimba
bianca. Anche se il volto sottile di Kay, madre di David Kirby morto di
aids due anni fa, non finirà mai a fianco del prete e della suora che
si baciano, del neonato appena partorito, dei pinocchi e delle altre immagini delle campagne pubblicitarie Benetton.
La storia segreta dell'ultima foto ammazzatabù, scelta tra immagini di cronaca da Luciano Benetton e dal suo consulente principe, il fotografo Oliviero Toscani, inizia proprio dalla madre che esce dalla stanza dell'ospedale dell'Ohio State University dove il figlio era stato ricoverato due mesi prima. E' la mattina del 5 maggio 1990. La signora ha capito che manca poco alla fine, e vuole radunare più gente possibile attorno al capezzale. E' in corridoi che cerac un telefono quando incontra Therese Frae, uan fotografa che si è messa in testa di documentare il dramma dei malati terminali di aids. Le chiede di entrare in stanza. Therese non si fa pregare: un mese prima, proprio David Kirby le aveva chiesto di fotografare i suoi ultimi giorni di vita. Comincia a lavorare: due, tre, quattro scatti. Il quinto fissa la secna pochi secondi dopo la morte. A destra del letto c'è Susan Kirby, sorella di David, che stringe tra le braccia la filia Sarah. Al centro il padre Bill piange sul figlio che ha appena pronunciato le sue ultime parole: "Sono pronto". |
"Credo che la forza della foto sia proprio tutta nel
fatto che quella gente ha invitato a partecipare a un momento tanto
privato prima me, e poi tutti" racconta la fotografa Frare, 33 anni
di Seattle. Di quel libro che l'aveva portata ad incontrare David Kirby
non ha più fatto niente. Ma con l'immagine ceduta alla Benetton ha
vinto nel '91 più di un premio giornalistico. Prima di cedere la foto e
acconsentire ai ritocchi decisi da toscani, che ha colorato con il
computer l'immagine, originariamente in bianco e nero, Frare ha voluto
consultarsi con i genitori: "Io non ho una'opinione precisa. Non so
se sia bene o male che la morte venga usata per la pubblcità. Il padre
e la madre di Davi invece hanno le idee molto chiare...". Loro, che
non sono mai saliti su un aereo, il prossimo 13 febbraio andranno per la
prima volta a New York e difenderanno al scelta di autorizzare l'uso
della foto del figlio di fronte alla stampa. Bill Kirby, il padre, è uno spedizioniere. Una volta in pensione abbandonerà il lavoro per anndare a lavorare come volontario nell'ospedale dove è morto il figlio. Sua moglie Kay fa la colf in una casa di un prete. Sono di religione battista e vivono a Forrester, 100 abitanti tra le campagne dell'Ohio. Da questa vicenda non ricaveranno un dollaro: hanno rifiutato anche i soldi offerti loro dalla fotografa Frare. E mentre su quell'immagine il mondo si divide tra reciproche accuse di cinismo, e in Gran Bretagna tutte le riviste hanno già rifiutato la pubblicazione - tranne le "alternative" The Face e Arena, loro credono che non sia il caso di sottilizzare: "Mi sembra che si stia sprecando una opportunità per sensibilizzare la gente sul problema dell'aids" dice la madre Kay. "Che quella foto possa funzionarecome forma di prevenzione lo dimostra il clamore che sta suscitando. E secondo me emoziona proprio perché sottolinea amorevolmente a cosa porta l'aids". |
Già, ma il fatto che la Benetton possa ricavare un vantaggio pubblicitario raffigurando la morte del ragazzo? "Noi non abbiamo la sensazione di essere usati ma di usare la Benetton: David parla a voce molto più alta ora che è morto che non quando era vivo". Negli ultimi tre anni di vita, David Kirby aveva fondato un'associazione contro l'aids a Stafford, un paese a pochi chilometri da Forrester. "David era gay, ma quasi certamente è stato contagiato da una trasfusione" afferma la madre Kay. "Anche per questo aveva tanto a cuore la prevenzione. Ma le difficoltà economiche erano enormi, e non aveva mai soldi per spedire la documentazione che preparava. Ora ha trovato il denaro". La foto di David Kirby morente è la prima di una serie di sette. Tra le altre, c'è l'immagine di un soldato jugoslavo che con una mano spara e nell'altra tiene un femore, e quella di alcuni di alcuni bambini che stanno morendo di fame. "Quando è stato possibile abbiamo chiesto l'autorizzazione delle persone ritratte" assicurano alla Benetton. "Secondo me sapere che esiste un consenso informato è determinante" sostiene in merito il filosofo Giulio Giorello. "Se non altro, si sa che è stata violata una libertà in meno, quella alla privacy. E, tra chi pensa che sia giusta la libertà di pubblicare ogni immagine e quanti pensano di risolvere i problemi con la censura, io mi schiero sempre coi primi". Un altro filosofo, Salvatore Veca: "Sapere che i genitori di quel ragazzo non solo sono d'accordo ma pensano di proseguire la sua missione è importante. Ma la questione dei limiti da dare al potere persuasivo dell'immagine resta aperta. Così come l'ambiguità di fondo: chi sta usando il potere persuasivo di quelle immagini? Alla domanda non è stata data risposta". di MARCO DE MARTINO Panorama
n.1347 |
|