Un inferno. Il fuoco si è fatto strada dalla sala macchine, il fumo ha invaso le cabine, l'odore di bruciato è arrivato
fino alla sala da ballo affollata da passeggeri in smoking e lamé. Roy
Boltman, sudafricano, mago e intrattenitore, è stato uno dei primi a
capire: lui, un naufragio lo aveva già vissuto tre anni fa sulla nave
greca «Oceanos». Poi la musica
si è interrotta con un fischio e sono arrivati gli ufficiali, nervosi, ma
decisi: signori seguiteci sul ponte, per favore, c'è un incendio a bordo.
Stavano per arrivare in paradiso i passeggeri di questa crociera
sull'Achille Lauro partita da Genova e diretta in Sud Africa: il 1°
dicembre avrebbero dovuto approdare sulle spiagge delle Seychelles, il 5
sdraiarsi al sole delle Mauritius. Invece sono finiti in coperta, stipati
e terrorizzati: chi in abito da sera, chi, come un gruppo di olandesi, in
pigiama, chi ancora, come una comitiva di inglesi, in maglietta. Hanno
lasciato tutte le loro cose nella cabine: sulle scialuppe c'è posto solo
per le persone.
Sos
affondiamo. Era la notte di martedì 29 novembre
1994: alle 5 e 54 ora italiana, dal transatlantico è partito l'Sos. Ed è
iniziata l'ultima giornata di una nave da crociera leggendaria e
famigerata: dicono che porti sfortuna. E fortuna di certo non ne ha avuta,
nove anni prima, quando un commando di terroristi palestinesi la
dirottarono e uccisero un passeggero. Ora c'è chi dice che la sfortuna non
c'entra, che la nave non era sicura, che il boom delle crociere esploso
nell'ultimo periodo spinge le compagnie ad abbassare i livelli di
controllo pur di partire sempre a pieno carico.
Sull'Achille Lauro c'erano 572 passeggeri e 402 membri d'equipaggio, due
persone sono morte: il cuore di Gerard Szimke, 68 anni, tedesco, ha ceduto
alla paura. Arthur Morris, 64 anni, inglese residente in Sud Africa,
invece ha incontrato il suo destino: era già salito sulla scialuppa di
salvataggio quando un palo, caduto dalle fiancate della nave, l'ha colpito
alla testa uccidendolo sul colpo. Tutti gli altri, compresi i 12
passeggeri italiani, si sono salvati, raccolti dalle navi accorse alla
richiesta d'aiuto: la panamense «Hawaian King»,
la greca «Treasure Island», la liberiana «Bardu». Poi, dopo i primi
soccorsi improvvisati, sono arrivate altre navi e i naufraghi sono stati
avviati verso Gibuti e Mombasa.
L'Achille Lauro, quella che tutti a Napoli conoscono come la Nave Blu per
il colore delle sue fiancate, è rimasta a bruciare in mezzo al mare. Cento
marinai hanno lottato fino all'ultimo per spegnere le fiamme, hanno
esaurito la schiuma dell'ultimo estintore, poi hanno ceduto. Per mezz'ora,
l'unico ad aggirarsi sui ponti, in uno scenario spettrale, è stato il
comandante Giuseppe Orsi, 58 anni. Alla fine anche lui se ne è andato,
ultimo come prescrive la legge e l'onore degli uomini di mare. La nave si
è inclinata, poi, dopo due giorni di agonia, si è inabissata.
Mezzo secolo di guai. Così l'Achille Lauro, una
nave che aveva quasi mezzo secolo, ha ceduto. Negli uffici napoletani
della Starlauro, gli armatori avevano accarezzato un sogno da
irriducibili: |
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recuperare lo
scafo, magari anche ripararlo. Ma il comandante era pessimista.
«L'Achille Lauro di muovo in mare?
Impossibile. Può anche darsi che non affondi, ma ormai è distrutta». Aveva
ragione: quando uno dei rimorchiatori mandati dagli armatori ha cercato di
trainare la nave in fiamme, l'Achille Lauro ha abbandonato la lotta, è
affondata.
Questa volta insomma, il fuoco ha vinto la sua battaglia. Non c'era
riuscito nel 1971 quando il transatlantico speronò un peschereccio (un
marittimo morì) e si incendiò, non c'era riuscito l'anno dopo quando una
parte della nave bruciò nel porto di Genova. Due episodi di una lunga
storia di disavventure. Quelle che hanno guadagnato all'Achille Lauro la
fama di "nave maledetta". Progettata nel 1939 in un cantiere olandese,
lega la sua nascita al terribile destino del suo armatore, Willem Ruys,
ucciso in un campo di concentramento tedesco. Varata nel 197 col nome
appunto di Willem Ruys, naviga per quasi vent'anni negli oceani di
tutto il mondo. Sui ponti in alto ci sono passeggeri come Henry Ford o
Alfred Hitchcock, in quelli bassi si stipano gli emigranti in viaggio
verso l'America. Nel 1964 sul transatlantico mette gli occhi Achille
Lauro, armatore, monarchico, sindaco e padre-padrone di Napoli. La nave è
in brutte condizioni: Lauro, «'o comandante» la spedisce in cantiere per
quattro anni. Quando esce, con quel suo colore blu che la differenzia
dalle navi bianche della compagnie concorrenti, è una fuoriserie del mare.
Ma la sfortuna non l'abbandona: incidenti, incendi (ce ne fu uno anche
alle Canarie nel 1981, dove la nave era sotto sequestro dopo il crack
della flotta Lauro). Fino a quel 7 ottobre 1985 quando la nave in viaggio
verso Port Said viene dirottata da un gruppo di terroristi palestinesi.
Per dieci giorni rimane in mano a un gruppo di esaltati che vuole
utilizzarla per attaccare Israele. I 450 passeggeri vivono giorni di
terrore, uno di loro, Leon Klinghoffer, un americano in sedia a rotelle,
viene ucciso. Alla fine i terroristi trattarono, si consegnarono agli
italiani: ora tre sono tornati liberi, in carcere resta solo l'assassino
dell'americano.
Una
carretta del mare? Ora la storia della nave maledetta è finita. E
cominciano le polemiche. Qualcuno parla di equipaggio poco qualificato
(tanti filippini e peruviani a basso costo), di cattive condizioni di
manutenzione. La stampa rispolvera ilò termine abustao, ma sempre
efficace, di carretta del mare. Ma gli armatori insorgono. Il direttore
amministrativo della Starlauro, Antonio De Rosa spiega: "E' vero che il
personale straniero costa meno, ma viene impiegato nella cabine, ai
tavoli, come inservienti insomma. I marinai sono tutti specializzati.
Cattive condizioni della nave? Tutte frottole: l'Achille Lauro aveva
passato un'ispezione il 14 novembre".
Tutto vero? Per saperne di più bisognerà aspettare i risultati
dell'inchiesta (ci sono in ballo anche i 27 miliardi per cui era
assicurata la nave). Ma quella di oggi sembra proprio l'ultima puntata
della battaglia tra l'Achille Lauro e la sfortuna.
Remo Urbini
EPOCA n.49 11/12/1994
Copyright Mondadori Editore
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